San Benedetto, abate

San Benedetto Abate

Patrono d’Europa

S.Benedetto

BIOGRAFIA

San Benedetto nasce a Norcia verso il 480, in un periodo storico particolarmente difficile: quattro anni prima, infatti, era crollato, formalmente, l’Impero Romano d’occidente con la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo. L’unica sua biografia che ci sia giunta è quella di S. Gregorio Magno, che gli dedica tutto il II libro dei Dialoghi, scritti probabilmente negli anni 593-594.
Dopo i primi studi a Norcia, Benedetto si reca a Roma per approfondire le materie letterarie e giuridiche. Tuttavia forse perché disgustato dalla vita dissipata dei suoi coetanei e dalla difficile situazione dell’Urbe tra la fine del V secolo e gli inizi del VI, ben presto si ritira presso un gruppo di sacerdoti ad Affile, dedicandosi insieme con loro al servizio della chiesa di S. Pietro e vivendo con la sua fedele nutrice.
Qui s. Benedetto compie un primo miracolo rinsaldando un coccio che proprio quest’ultima aveva rotto. Il fatto lo rende noto in tutto il villaggio e fa accorrere molte persone, cosa che spinge il giovane santo a ritirarsi in una grotta sulle rovine del villaggio di Nerone, presso Subiaco, dove inizia a condurre vita eremitica. Immerso in questa solitudine, l’unico legame umano che possiede è quello con un monaco di un vicino monastero, Romano, il quale dopo averlo rivestito dell’abito monastico, provvede ai suoi bisogni spirituali e materiali. Dopo circa tre anni di vita solitaria, s. Benedetto viene invitato a partecipare al pranzo pasquale da un sacerdote che lo aveva raggiunto nel suo nascondiglio.

Di lì a poco viene scoperto anche da alcuni pastori che ne ammirano le virtù e ne seguono gli ammaestramenti, dando così inizio anche ad un’opera pastorale e apostolica. Superata una forte tentazione contro la castità, Benedetto, sull’esempio degli antichi Padri del monachesimo, si prepara a vivere e a realizzare una nuova esperienza. Dapprima viene richiesto come abate dalla comunità di Vicovaro, ma la perfidia dei monaci che tentano di avvelenarlo lo costringe a ritirarsi di nuovo nella solitudine, e in un secondo momento organizza egli stesso dodici monasteri, assegnando dodici monaci ad ognuno di essi con un proprio padre e un proprio oratorio.
In un tredicesimo monastero raccoglierà, invece, i novizi e i più bisognosi di formazione sotto la sua diretta responsabilità. La fama di s. Benedetto si diffonde rapidamente anche a Roma, tant’è che due illustri cittadini della città, Equizio e il patrizio Tertullo, gli affidano i propri figli Mauro e Placido, che saranno le due prime gemme della famiglia benedettina.
L’opera che s. Benedetto inizia è costellata anche da frequenti miracoli: procura prodigiosamente l’acqua in cima a un monte per dissetare i suoi monaci; fa risalire dal fondo del lago il ferro di una roncola che da sola si ricongiunge al manico; ravvede un giovane monaco che incominciava a dissiparsi percuotendolo con delle bastonate; ordina al giovane Mauro di correre a salvare il piccolo Placido che stava annegando permettendogli di camminare sulle acque.
Purtroppo l’invidia di un prete, Fiorenzo, che non sopporta l’accorrere di tanta gente, costringe Benedetto ad abbandonare quei luoghi, nonostante l’insistenza da parte dei discepoli. Allontanatosi da Subiaco, il santo abate, accompagnato da due angeli e da tre corvi, secondo quanto riferisce il poeta Marco, si dirige verso Cassino, sulla cui altura fonda, tra il 525 e il 529, il monastero di Montecassino, destinato a diventare il più celebre d’Europa.

Sotto la sua direzione, l’antica acropoli-santuario, sovrastante il decaduto municipio romano di Casinum, viene trasformata in un monastero di vaste proporzioni, soprattutto se paragonati a quelli costruiti precedentemente a Subiaco. Sull’ara di Apollo fa sorgere una cappella in onore di S. Giovanni Battista, mentre il tempio dedicato a Giove diventa l’oratorio dei monaci, dedicato a S. Martino di Tours.
A Montecassino, s. Benedetto rivela una prodigiosa attività: dirige la costruzione del monastero; dedica assidue cure alla formazione dei suoi monaci; compie anche qui molti miracoli, come la risurrezione di un giovane morto, il ritrovamento inaspettato di provviste di farina e di olio per il monastero e manifesta, inoltre, di possedere il dono della profezia.
A proposito di questa virtù, è significativo ricordare l’episodio del re Totila: nell’autunno del 542, passando per Cassino prima di assaltare Napoli, quest’ultimo, venuto a conoscenza del carisma del santo monaco, decise di metterlo alla prova inviandogli il suo scudiero travestito da re. s. Benedetto lo smaschera e quando gli si presenta davanti il vero Totila, lo ammonisce con una precisa predizione: “Molto male fai, molto ne hai fatto; smetti ormai sì selvaggia condotta; entrerai in Roma, passerai il mare, regnerai nove anni, al decimo morrai”. Stessa virtù il santo dimostra di possedere quando piange per la visione della distruzione del proprio monastero, ottenendo tuttavia dal Signore la grazia di salvare la vita dei monaci.

 S. Benedetto si dedica pure, e direttamente e per mezzo dei suoi monaci, a un’opera di evangelizzazione della popolazione del luogo che era ancora legata al culto pagano e fonda anche un altro monastero a Terracina. Poco prima della morte ha la consolazione di vedere l’anima della sorella Scolastica salire al cielo in forma di colomba, appena qualche giorno dopo il loro ultimo colloquio avvenuto alle falde di Montecassino. Nella biografia di s. Gregorio viene poi narrata la visione dell’anima di s. Germano di Capua, trasportata dagli angeli in un globo di fuoco. Nella mente del grande pontefice tutte queste visioni stanno a dimostrare la stretta unione che s. Benedetto aveva con Dio, a tal punto che viene fatto partecipe anche di una più grandiosa visione, quella dell’intero universo apparso come raccolto in solo raggio di sole.
A una vita così elevata e santa non poteva che seguire una morte gloriosa, fissata dalla tradizione al 21 marzo del 547 e che s. Gregorio racconta con accenti di vera glorificazione: Benedetto predice la sua morte ai propri discepoli, anche a quelli lontani; sei giorni prima dell’avvenimento fa aprire il suo sepolcro, in cui da poco giace, per sua volontà, la sorella Scolastica e, ormai stremato di forze fisiche, si fa condurre nell’oratorio dove, ricevuta l’Eucaristia, stando in piedi e sorretto dai suoi monaci, in preghiera rende l’anima a Dio.